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La storia inizia dal 1970, appena iscritto al primo anno di Scultura all’Accademia di Brera, alla Scuola di Alik Cavaliere. Ho 18 anni, sono venuto a Milano spinto dalla passione per l’arte, mi guardo attorno e sento fortemente il problema della mia identità fra la campagna pugliese d’origine e la dimensione metropolitana e industriale di Milano. I primi due anni lavoro ad interventi nell’ambiente, azioni documentate da fotografie mai esposte; il tema è appunto: IDENTITA’. Nel 1972 con un gesto fortissimo e radicale abbandono gli interventi e inizio a dipingere o a ri-dipingere la storia con opere ad olio su tela, nella tradizione della “pittura” ma guardando alla storia e prelevando da essa brandelli, frammenti d’identità per montarli in un ordine diverso. Nasce così la mia prima mostra personale (Galleria la Bussola, Bari) dal titolo: LECTIO HISTORIAE. Nel 1976 espongo per la prima volta con una personale a Milano (Galleria Solferino) e in quel momento dominato dal concettuale ho voluto dichiarare con forza il mio ritorno alla pittura ed ho intitolato la mostra: SONO FELICE QUANDO DIPINGO.
Dal loggiato del primo piano, tendo cavi d’acciaio, disegno nello spazio un cuneo che attraversava il bronzo del Napoleone di Canova e si impunta con il vertice nel pavimento del cortile di fronte all’ingresso principale. L’idea è quella di destabilizzare l’identità architettonica del luogo.
Simulazione su cartolina postale con taglio e carta fluorescente. L’intervento sarebbe consistito nell’impacchettamento dell’opera scultorea di Giulio Cozzoli con fogli di carta fluorescente.
Ricopro la parete di un palazzo del seicento con fogli di carta bianca sui quali appendo in sequenza dei sacchi pieni di spazzatura per contaminare una realtà architettonica pregevole con un gesto s-pregevole della società dei consumi. Dopo l’intervento a Brera, anche questa operazione ha come obiettivo la contaminazione dell’identità.
Vivere a Milano mi porta ad essere lontano dai luoghi d’origine e la cultura metropolitana è in antitesi a quella agricola nella quale mi sono formato. Sento il problema dello sradicamento identitario e voglio evidenziarlo con un’azione che sottolinei il legame alla mia terra. Lego me stesso al territorio con una lunga corda, metafora del mio cordone ombelicale che mi unisce alla grande madre (Matria) Puglia.
Simulazione su cartolina postale con taglio e carta fluorescente. L’intervento sarebbe consistito nella chiusura della cavità carsica con un tappo di legno compensato ricoperto con fogli di carta fluorescente.
Il sentimento di appartenenza e di radicamento alle mie origini mi porta a scegliere come luogo d’intervento un sito archeologico che era stato il primo insediamento dell’uomo già in età neolitica a Molfetta, mia città natale. Con una lunga corda e come un ragno, intesso una sorta di ragnatela all’ingresso di alcune grotte, lego la mia identità alla dimensione più geologica e antropologica delle mie radici. E’ un richiamo ancestrale, un ritorno all’utero materno, al mio stato fetale.
Lavoro sul tema dell’identità e mi ispiro a Luigi Pirandello per comporre delle nature morte con elementi provenienti dalla mia identità contadina uniti ad altri elementi (detersivi), simbolo dell’identità consumistica e industriale. Gli oggetti vengono prima presentati separatamente, come attori e poi progressivamente integrati fra loro in una specie di convivenza delle due diverse identità. L’opera, partita da studi fotografici, è realizzata con un trittico di tre fotografie cm. 50 x 70 ciascuna su cui intervengo con il bianco per azzerare il fondo.
Con la prima mostra personale dal titolo “Lectio Historiae” alla galleria La Bussola di Bari nel 1972, il lavoro sul tema dell’identità continua forzando sia gli accostamenti di icone che hanno significati molto diversi fra loro, sia adoperando una tecnica anacronistica come la pittura ad olio su tela. Compongo immagini che sono costruite montando insieme frammenti diversissimi recuperati soprattutto dalla storia dell’arte, ibridandoli fra loro. Si tratta di un recupero del linguaggio della pittura come linguaggio specifico, sento il bisogno della fisicità dell’opera, la documentazione fotografica di un’azione non mi basta più; sento ormai fastidio per la sola dimensione del pensiero e del concetto.
grafite e olio su tela cm. 90 x 80
olio su tela cm. 110 x 110
Olio su tela cm. 130 x 130
olio su tela cm. 110 x 110
olio su tela cm. 110 x 110
olio su tela cm. 110 x 110
olio su tela cm. 110 x 110
olio su tela cm. 180 x 120
Mi servo spesso della fotografia e del collage per fissare delle idee come degli appunti di lavoro. Sono gesti freschi e immediati che mi piacciono molto; ne faccio diversi ma sono quasi tutti andati distrutti in un allagamento del mio studio in Via S. Orsola, 7 a Molfetta nel 1976.
collage su fotografia cm. 18 x 24
collage su fotografia cm. 24 x 18
olio su tela cm. 130 x 180 .
olio su tela cm. 130 x 130
grafite, pastello e collage su cartone cm. 70 x 50
Una nuvola di Leger, un bicchiere di Braque, una piantina grassa di Morandi e un fiore di Picasso poggiano indistintamente su un piano (collage). Gli elementi galleggiano sospesi nel tempo senza tempo della pittura
olio su tela cm. 110 x 110
olio e grafite su carta cm. 17,5 x 25
collage e olio su tela cm. 100 x 160
Una nuvola di Leger, un bicchiere di Braque, una piantina grassa di Morandi e un fiore di Picasso poggiano indistintamente su un piano (collage). Gli elementi galleggiano sospesi nel tempo senza tempo della pittura.
Sulle superfici sempre più disseminate di tantissimi rimandi, come i muri del centro storico della mia Molfetta su cui si sono stratificati i segni lasciati nei secoli, talvolta simulo geometrie sommarie, incapaci di operare un azzeramento e un raffreddamento. Sono geometrie dolci e semplici come quelle che può tracciare un contadino che misura il suo campo. La storia fertilizza le superfici dipinte e le icone raccontano della identità meticciata e contaminata, propria della dimensione dei popoli e della cultura mediterranea.
collage e olio su tela cm. 100 x 120
collage e olio su tela cm. 110 x 110
collage e vinilico su tela cm. 50 x 50
Sono anch’essi estratti dalla storia, da Paolo Uccello a Piero della Francesca, ridisegnati come per definire in proiezione ortogonale l’identità umana. La mia esperienza di agricoltore mi porta spesso a teorizzare delle pratiche specifiche di quella cultura come in questo caso, l’innesto. Innestare in un occhio un dettaglio (gemma) di Leger o di Picasso o di altri artisti, insiste sul bisogno di contaminare le immagini rendendo possibile la convivenza di diversità, così come su un albero di mandorlo mio padre poteva innestare e far vivere un ramo di albicocco o di pesca, ad esempio.
Sono un ciclo di lavori nei quali ridipingo contenitori storici contenenti cibi intesi come alimenti culturali. Contenitori nei quali si può trovare una minestra composta di macchie di colore impressioniste oppure di cuoricini di cioccolato Perugina, strappati da una scatola ed incollati su un’opera.
collage, grafite e olio su tela cm. 110 x 130
collage, grafite e pastello olio su cartone cm. 50x70
collage, grafite e olio su truciolare cm. 40 x 40
collage e olio su tela cm. 50 x 40
Nel 1976 espongo per la prima volta con una personale a Milano (Galleria Solferino) dove domina l’arte concettuale. Mi alleggerisco dei temi della storia e mi concentro maggiormente sulla scelta del linguaggio della pittura come una condizione indispensabile per un rinnovamento e per ritrovare la frescezza espressiva e l’immediatezza; abbandono la tecnica ad olio su tela e inizio a dipingere con colori acrilici; intitolo la mostra: SONO FELICE QUANDO DIPINGO.
Nascono così opere più dichiaratamente giocose e ironiche, il colore si schiarisce per recuperare la dimensione cromatica più congenita alla mia identità di pittore mediterraneo. I contadini pugliesi quando dipingevano le loro case diluivano nella calce i pigmenti dei colori primari, così venivano fuori colori come celeste, rosa, turchese, giallino ecc. Sui fondi di carte ingiallite dal tempo, su cui si sono depositati i segni di tante storie, innesto colori che voglio definire appunto come propri della cultura mediterranea, fissando un’idea cromatica identitaria.
collage e vinilico su tela cm. 120 x 100
collage e vinilico su tela cm. 50 x 50
I fondi delle superfici sono sempre preparati stendendo e stratificando carte invecchiate su cui il tempo ha lasciato il segno del suo passaggio. Per me le superfici delle opere sono come la terra che coltivo e quindi devono essere fertili e ricche, concimate e disseminate di humus. La storia e le storie arricchiscono e danno spessore al presente. Utilizzo carte ingiallite, trovate e recuperate, spesso con frammenti di decori e lego il tutto con velature, macchie, pennellate.
collage e vinilico su tela cm. 118 x 108
collage e vinilico su tela cm. 80 x 90
collage e vinilico su tela cm. 118 x 118
collage e vinilico su tela cm. 90 x 90
collage e vinilico su tela cm. 70 x 70
collage e vinilico su tela cm. 108 x 118
collage e vinilico su tela cm.90 x 90
collage vinilico e filo di lana su tela cm. 60 x 60
collage e vinilico su tela cm. 110 x 110
collage e vinilico su tela cm. 90 x 90
collage e vinilico su tela cm. 100 x 90
collage e vinilico su tela cm. 70 x 70
collage e vinilico su tela cm. 130 x 130
collage e vinilico su tela cm. 90 x 90
collage e vinilico su tela cm. 90 x 90
collage e vinilico su tela cm. 90 x 90
collage, porporina e vinilico su tela cm. 130 x 130
collage e vinilico su tela cm. 130 x 130
collage e vinilico su tela cm. 130 x 130