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Nastri di scrittura, come i “palinsesti” degli anni ‘90, nastri che si sovrappongono e che si compongono in ordini anche diversi, nastri colorati e nastri chiamati “pause” che agiscono da intervalli, da respiri. L’idea è che ogni opera, pur avendo un senso compiuto in sé, agisce come frammento di un insieme e partecipa ad un’idea installativa e corale del racconto.
Il ciclo “cornici” si sviluppa contemporaneamente al ciclo “nastri di scrittura”, se in quest’ultimo ciclo l’opera partecipa ad un racconto aperto e infinito, nel ciclo “cornici” fissa l’opera nella sua unicità sottolineata e... in-cornici-ata. Ho lavorato alle grandi cornici già dal 2006, subito dopo il ciclo delle “tavolozze” per giocare con questi elementi della tradizione della pittura e continuo a trovare interesse in questi giochi. Le cornici però sono parti integranti dell’opera, non hanno funzione decorativa ma servono a sottolineare la sua fisicità.
Sono opere pervase dalla luce; il bianco della calce delle case del mediterraneo resta per l’autore una costante del suo lavoro