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Mi diverte l’idea di pensare al paesaggio come un logo in cui ogni elemento estratto da un contesto diverso, possa partecipare ad una visionarietà assolutamente artificiale. Immagini prelevate dalla storia dell’arte ma anche dalla pubblicità e dalla cronaca, compongono dei “luoghi contaminati”. Il paesaggio contemporaneo non è che questo, un luogo in cui si può riversare e ritrovare qualsiasi cosa, un luogo virtuale che si alimenta della pratica onnivora delle immagini che troviamo nella nostra continua navigazione in rete.
Figure, volti, corpi, recuperati dal passato e dal presente, volti noti e meno noti ma tutti accomunati da uno stesso destino, interrogarsi sulla propria identità.
Le composizioni si rifanno “giocosamente” alla tradizione dei “generi artistici” ma, allo stesso tempo, il tema mi è congeniale perché mi consente di comporre i frammenti; quei frammenti che mi porto dietro già dai lavori degli anni ‘70. Com - porre, è una pratica tipica dei costruttori ed io mi sento tale. Dopo tutte le “demolizioni” delle avanguardie storiche e di quelle del secondo novecento, mi sono trovato in un territorio pieno di macerie e di frammenti che andavano rimessi insieme ed io son qui, con indole da contadino e da costruttore, a coltivare, a fertilizzare, a mettere con la malta mattone su mattone, a ritrovare un nuovo senso linguistico “com - ponendo”, riciclando, connettendo frammenti d’identità in una dimensione che ritrova la sua strada nel solco della tradizione ma si rinnova nell’inedito destino della contemporaneità: IL LINGUAGGIO GLOBALE.
Vaso mistico, 2002
Polimaterico su legno, cm. 210 x 100
www.morandi.com, 2000
Polimaterico su legno sagomato cm. 182 x 83,5
In questo periodo riprendono il simbolo della tavolozza come icona scherzosa dell’identità della pittura e ridipingo particolari di altri artisti giocando a contaminare le identità non solo con le immagini ma anche con le citazioni scritte. Chi è il “pittore” oggi? Ha una sua precisa identità? Io ho trovato la mia identità giocando con le tante identità degli artisti di ogni tempo e mi affascina proprio questa dimensione nuova della pittura, questa matrice riflessiva, filosofica o concettuale.
La scrittura e l’aspetto testuale mi hanno sempre interessato molto e già negli anni settanta erano presenti nella mia ricerca. La parola dipinta piano piano ha acquisito una sua tridimensionalità simulata fino a diventare “epigrafe”, “rilievo”, “geroglifico contemporaneo”. La frase può essere dipinta in italiano, può essere rovesciata in senso contrario, ma anche invertendo l’ordine della lettura che dall’alto a sinistra verso la destra in basso, passa dalla destra in basso verso la sinistra in alto. Possono essere frasi scritte in lingue diverse, ma anche citazioni di Michelangelo, di Cartesio, Kruger, Currin ecc. Sin dai primi anni novanta ho iniziato a riflettere sulla possibilità di codificare un linguaggio contaminato, un alfabeto nel quale riversare lettere, simboli, segni, icone, loghi e altro, prelevati da tutti i linguaggi di tutti i tempi e di tutte le culture. Ho iniziato a raccogliere e ordinare frammenti attribuendo a loro un valore letterario e componendo dei testi criptati utilizzando alcune centinaia di elementi che sono poi cresciuti di numero negli anni. Questa opera del 1997 può essere considerata il primo grande dipinto con il linguaggio “grillico”.
Non sono un pittore-pittore ma sono un pittore-scultore, anche un po’ architetto e falegname concettuale; non riesco mai a contenermi in una sola dimensione. Ho sempre lavorato sull’idea di un’identità contaminata e sulla fertilità delle contaminazioni; così la bidimensionalità sconfina nella tridimensionalità, così come il corpo ha anche la pelle e sulla pelle c’è sempre tatuata una storia. Volume, oggetto, guscio, colore, scrittura, ma anche l’oro, quella memoria bizantina che mi appartiene come uomo mediterraneo che sulla metafora del mediterraneo ha fondato il senso del suo lavoro. Questa grande installazione composta da 15 sculture ha come titolo “Mediterranea-mente”. Sono quindici identità mediterranee, 15 veneri diverse, gusci dorati a foglia oro che si rifanno al mito greco della venere ma anche all’idea della madre e della patria, della “gran madre” o meglio ancora della “MATRIA”. Sono identità che possono riposare all’interno della loro dimora (cassa in legno), viaggiare nella stiva di una nave e riproporsi in mostra, ad ogni porto, facendo della cassa il proprio piedistallo. Una installazione pensata come opera in viaggio, quella antica navigazione nel mediterraneo che ha prodotto la stratificazione e la contaminazione culturale, quello stesso viaggio, oggi ormai globale, che navigando nella rete di internet produce il linguaggio di tutti i linguaggi. |