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Andrea B. Del Guercio
Nelle relazioni che in questi anni ho instaurato con Gaetano Grillo e con il suo operare, fatto di conoscenza dello studio e condivisione della didattica a Brera, ritengo centrale il dato del lavoro e la costante dell’esperienza; sia l’uomo che l’artista, segnalano un approccio alla cultura dell’arte in cui la manualità ha un ruolo decisivo, fornendo una chiara relazione tra la cultura materiale e l’intenzione tematica, svolgendo quindi un’azione indipendente, fortemente partecipativa nella redazione dell’opera d’arte.
Nella affermazione di ‘piacere’ espressa in forma di ‘Manifesto’ “Sono felice quando dipingo” già nel 1976 indicava non la retorica propria di un’esperienza antica, la stanca e retorica riaffermazione di una artigianalità fine a se stessa, ma tutto il valore di una scelta che rinnova la sua funzione d’uso attraverso l’attivazione di un’esperienza interna all’atto stesso del dipingere; una scelta ‘contro corrente’ che si poneva in relazione con quanto era avvenuto, nei primi anni del ‘900, nei confronti dell’indipendenza del colore dall’assoggettamento descrittivo al reale.
Il valore provocatorio di quella affermazione, collocata nel contesto storico di riferimento, segnalava una relazione e quindi l’idea di riconoscere, di esplicitare il patrimonio autonomo di emozioni e sentimenti racchiuse in un fare dell’arte non più dipendente dal dovere del ben descrivere.
La fedeltà a quella dichiarazione, anticipata con la Mostra ‘Lectio Historiae’ nel 1972,riconfermata con un più ampio bagaglio teorico e sulla base di una lunga esperienza di lavoro, si riconosce come valore esperienziale in quelle stesse origini dalle quali Gaetano Grillo sembrava voler prendere le distanze. Nella documentazione fotografica relativa alle istallazioni del 1971, contrassegnate dalla ‘manualità’ plastico-concettuale di Alik Cavaliere, utile relatore per gli sviluppi espressivi delle esperienze compositive di Mimmo Rotella e di Enrico Baj, mette in grande evidenza la mano dell’artista, la sua funzione operativa di stringere e di tirare, di legare e di sostenere, dimostrandosi quindi tanto centrale fino a permetterci di affermare che si trattava di un’opera nell’opera d’istallazione. Quelle antiche foto-documentazioni, cosi tipiche dei valori progettuali delle seconde avanguardie, da intendere sempre in una dimensione allargata, sottolineano la stretta relazione tra l’impegno della mano e il piacere del fare, dimostrando che nella manualità si conserva interamente non solo una funzione strumentale ma il piacere del fare ed ancora un’intelligenza indipendente, una saggezza che si accumula, una curiosità che apprende, una tenerezza che esprime, un’intelligenza che raccoglie la volontà di dare corpo e sostanza alle idee e ai pensieri.
Esemplare ed illuminante in questo ambito il saggio dedicato al valore del fare dell’arte che redige Pierangelo Sequeri “La mano non è semplice strumento che fornisce oggetti da pensare o eseguire idee del pensiero. La mano dell’uomo ha un’intelligenza spirituale delle cose. La mente e l’anima apprendono dalla sensibilità della mano cose che altrimenti sarebbero per sempre precluse” nel 2007.
Sulla base di questo principio di metodo, si sviluppa l’intero percorso espressivo di Gaetano Grillo ed è ancora la documentazione fotografica e gli approfondimenti che la produzione editoriale offrono, a rivelare le significative dimensioni di un processo di ‘accumulo’ espressivo; l’esperienza della ‘rivisitazione’, di una rilettura visiva quale esperienza sensibile di fronte al patrimonio culturale dell’arte, antica e moderna, appare un passaggio importante, sia in relazione ai valori della stagione neo-pittorica degli anni ’70 ma anche quale bacino esperienziale del fare in cui interviene la fotografia e il disegno , la manipolazione e l’organizzazione spaziale della comunicazione ed in particolare il collage: ” La colla per tenere insieme i vari pezzi é l’idea, il progetto che rende possibile un ordine, che dà a esso un senso. L’uomo contemporaneo è come un collagista; dispone e fissa ogni singolo dettaglio sul proprio desktop, copia, taglia e incolla ma con quale colla?”
L’azione del lavoro per sovrapposizione di immagini e stratificazione delle carte permettono a Grillo una libertà espressiva che cancella i troppi vincoli ideologici del tempo, per crescere attraverso la curiosità intellettuale e una felicità entusiastica per le forme e il colore, il decoro e la raffinatezza, andando ad agire attraverso l’ironia iconografica e la preziosità dei materiali.
L’attenzione e la ricerca dei materiali e il loro impiego con volontà di affermazione di valori estetici e simbolici propri, dalla carta, al legno alla terra, sottolineano l’attenzione alla cultura materiale nella relazioni con il patrimonio culturale dell’umanità a cui si dedicata ancora con volontà di rivisitazione allargando le forme di riappropriazione. In particolare l’esperienza del linguaggio, la sua nascita e l’affermazione nella società umana, l’infinita articolazione di soluzioni linguistico-visive, tecniche di redazione su supporti diversi, focalizza l’attenzione di Grillo in un ampio arco di tempo, giungendo all’estensione monumentale dell’Alfabeto contemporaneo composto da millequattrocento formelle di terra refrattaria iniziato nel 2010 e completato nel 2015: ” E’ un lavoro faticoso e di grande fisicità poiché occupa anche molto spazio, è pesante e “primitivo”, richiede sacrificio e tempi lunghi di esecuzione. In questa assoluta inattualità si inscrive una delle dimensioni di questo lavoro che pur essendo la conseguenza della globalizzazione delle culture in corso attraverso la rete, internet e le tecnologie sempre più immateriali e capillari, conserva e si realizza, per reazione in una estrema e primitiva forma di materialità”.
Ancora la preziosa documentazione fotografica dedicata alle istallazioni espositive dagli anni ’90 ad oggi ci permettono rilevare l’attraversamento e la creativa edizione di un sistema globale di comunicazione: il racconto istoriato e l’alfabeto per immagini, la scrittura braille e l’incisione rupestre, le predelle alla base delle pala d’altare e le tavolette cuneiformi,l’iscrizione lapidea e la banda decorativa, i codici elettronici e i codici miniati, il ciclo di formelle robbiane e il tazebao cinese coinvolgendo le diverse culture calligrafiche orientali, per poi contrassegnare una produzione ceramica preziosa. “Nel nostro tempo vocato alla velocità, alla mutevolezza ed all’immaterialità,ho contrapposto un lavoro arcaico, fatto di terra, acqua, aria e fuoco, un lavoro volutamente lento e fortemente fisico. Ho voluto forgiare a mano come fecero gli assiri, un nuovo alfabeto in terracotta, ingombrante e pesante, contrapposto alla precarietà delle immagini fatte di sola luce che stanno segnando la nostra civiltà, immagini che svaniscono velocemente così come velocemente le componiamo.”
Scrivere per immagini sembra essere il procedere di Gaetano Grillo, di un artista sospinto da una volontà irrefrenabile, non solo circoscritta nell’ambito artistico, ma sostenuta dal senso di responsabilità e di impegno civile; a questo ambito appartiene l’impegno dedicato alla didattica artistica in Accademia, la Direzione editoriale di Academy e più recentemente alla stesura del volume “Dipingo dunque esisto” per le Edizioni Immagine: “…come Ulisse, ho sfidato la tentazione facendomi legare all’albero della mia barca, la pittura.”.